giovedì 25 febbraio 2010
Mangia come parli...
Aurelia e Giulia vi offrono un assaggio di alimenti …
tra proverbi, detti e modi di dire.
• L’avaro raie tre mùzzichi a nu fasulo.
Dà tre morsi a un fagiolo (per risparmiare).
• L’avaro nun mangiarrìa p’ nun g’ r’ cuorpo.
Non mangerebbe per non andare di corpo (e privarsi, perciò, di qualcosa che gli appartiene).
• Fàce carne r’ puorco.
Fa carne di maiale (del quale tutto si utilizza, senza nulla buttare).
• A àcino a àcino s’ fàce la macina.
Acino su acino si forma la massa da macinare (il mucchio).
• Ngasa r’ pizziènti nun mancano mai tozze.
Nella casa del povero c’è sempre un tozzo di pane
• È giùto com’ a lu verme do ru caso.
È capitato come il verme nel cacio (per chi sposa bene o riceve un ricco patrimonio o un buon posto).
• La farina du lu riàvolo mbòlvere vaie
La farina del diavolo (qual è quella rubata) finisce in polvere (presto scompare).
• La tumacèggia sop’ a lu filètto
Al filetto di carne (si aggiunge) un pezzo di fegato o fegatello…(quando a un guaio o a una spesa o a un regalo se ne deve aggiungere un altro).
• Biscuttìni e tarallucci, fanno li figli ciùcci.
(l’ uso frequente di) biscottini e tarallucci formano asini i figli la sferza).
• Mazze e panelle fanno i figli belli.
La sferza e (l’uso del semplice), pane (al posto dei biscottini) educano bene i figli.
• La carne r’ pecura, comunque si face, puzza sempre.
La carne di pecora puzza sempre comunque sia preparata.
• È meglio l’uòvo òsci ca la caggìna rimàne .
È preferibile l’uovo oggi (perché sicuro) che la gallina domani (che potrebbe non venire)
• Chi tène pane mangia e chi nun lu tene s’ gràtta la panza.
Chi tiene pane mangia e chi non lo tiene si gratta la pancia.
• Ogni càrna mangia e ogni funga fuggi.
Mangia ogni qualità di carne, ma eviti ogni specie di funghi.
• Stipa l’ assonza pe quanno t’ abbisògna.
Conserva la sugna per quanto ti occorrerà.
• Tanta vòte vaie lu sorgi a ru lardo ca gi lassa la còra.
Tante volte il topo va al lardo che poi ci lascia la coda (chi abusa dell’altrui bontà finisce per essere punito).
• Tarallìni e vuscuttìni! Cuntantàmo la signurìna.
Tarallini e biscottini! Contentiamo la signorina.
• Nùnn’ è la minestra tòia, ma è ru lardo meio.
Non è la tua minestra, ma è il mio lardo.
• La aggìna face l’ uovo e lu uàggio scachitièsce.
La gallina fa l’ uovo e il gallo fa il verso.
• Quànno chiòve pàssili e fichi.
Quando la pioggia manda giù l’uva secca e fichi ( quando si rimanda un impegno alle calende greche, perché non si ha voglia di mantenerlo).
• Tre fìchi nove ròtoli.
Tre fichi (pesano) kg 8 e grammi 19 (equivalente di nove rotoli. Si dice di chi esagera troppo).
• Ommine r’ vìno ciènt’ a carrìno.
Gli uomini dediti al vino in cento valgono un carlino (non servono a nulla).
• Quanno chiove alla fera r’ Muro patane e grandini avimo sicuro.
Quando piove alla fiera di Muro, abbiamo sicuramente patate e granoni
mercoledì 24 febbraio 2010
1 Per un semplice malore di Costanza
un tran tran di notevole importanza
3 Sussurrando dice Enzo
“FORSE MEGLIO SE NON PENSO”
mentre il piccolo Francesco
dice “PROPRIO NON CI RIESCO!”
a lui risponde poi Valeria
“LA QUESTIONE È PROPRIO SERIA!”
e Veronica Lisanti
prega intanto tutti i Santi.
Nunzio Cerone
è andato nel “PALLONE”;
Vito quasi addormentato,
colto dalla vicenda impreparato,
prega la bella Noemi
di portare la compagna a Miami
ma interviene Luigi
“E’ PIÙ FACILE PARIGI!”
19 Samuele con coraggio
organizza tutto il viaggio:
Carmela Pacella
addetta alla barella
con l’aiuto di Martina
mette su una copertina
e mentre la risoluta Lara
i bagagli prepara
Angela Paolino
pensa a tutti: un bel brodino!
solo Alex Bodini
prepara gli spiedini
per Antonio Di Nicola
che vuol solo Coca Cola.
33 Alla guida…… mamma mia
siamo ansiosi…… c’è Lucia!!!
poi l’aereo vola viiia
e diciamo: COSI’ SIA!
Classe I A
1 Un cervo una volta abbeverato
vedendo il suo corpo nella fonte rispecchiato
rimase dalle sue corna estasiato
ma dalle sue zampe ahimè disgustato.
5 Ad un tratto sentì dei cacciatori
che preannunciavano gli orrori
insieme ai cani affamati del chiosco
ai quali sfuggì incamminandosi nel bosco.
9 Zampettando zampettando saltellò
poi d’improvviso con le corna si impigliò
ed uno dei cani pian piano lo mangiò.
12 Quando fu sul punto di “andare”
capì che mai doveva disprezzare
ciò che sol poteva lodare!
(Da Favole di Esopo, Bompiani, Milano;
manipolazione del testo: dalla prosa al verso)
V.Farenga, C. Pacella, Classe I A
venerdì 19 febbraio 2010
C’è un bidello di nome Gerardo Cavallo
che ci fa sempre ridere nell’intervallo.
Da un po’ di tempo ci conosciamo
e con lui tutti ci divertiamo.
Poi c’è la signora Teresa
che è una delle poche ad avere con noi un’ intesa.
E’ molto volenterosa,
perciò sempre pronta a fare qualcosa.
In ultimo, e non per ultima, c’è la signora Antonietta
che quando parla, noi non le diamo retta.
Ma in fin dei conti lei ha ragione!
Perché nella scuola c’è a chi piace fare il “burlone”.
Giuseppe P., Antonio L., III C
giovedì 18 febbraio 2010
LA FENICE, ANIMALE MITOLOGICO
Possiede una forza non indifferente e il suo canto è così splendido da far incantare anche le divinità, ma la sua caratteristica principale è quella di poter vivere molti secoli, addirittura cinque, per poi morire in un bellissimo falò da cui rinascerà subito dopo.
Gli antichi Egizi furono i primi a parlare della fenice, ossia del Bennu, nome che deriverebbe dal verbo “benu” che significa risplendere, sorgere o librarsi in volo.
Il ritorno della Fenice annunciava un nuovo periodo di ricchezza e fertilità: era considerata la manifestazione di Osiride risorto, e veniva spesso raffigurata appollaiata sul salice, albero sacro ad Osiride.
Come il sole, che è sempre lo stesso e risorge solo dopo che il sole "precedente" è tramontato, di Fenice ne esisteva sempre una sola per volta. Secondo la leggenda quando l'uccello sente che la morte è prossima (vive più di 500 anni), egli raccoglie mirra e incenso in un dato posto e con questi si costruisce la bara, dove si lascia bruciare per autocombustione cantando una meravigliosa canzone. Dalle Ceneri dell'uccello nasce però una larva che diverrà una nuova Fenice. La larva cresce in 3 giorni nutrendosi di energia solare. Per questo la Fenice è simbolo di continuità, di forza vitale, di reincarnazione e del Sole.(Silvia, II^B)
I valori e le funzioni del verbo
http://docs.google.com/Doc?docid=0Aa9n1flE24TSZGcyNWRzM21fM2RyYmRnY2Y4&hl=it
Ancora sul testo fantastico
Al seguente link potrete scaricare una presentazione degli animali fantastici realizzata da Francesco, un alunno di II^ B
http://www.mediafire.com/?njuyoml3zyo
mercoledì 17 febbraio 2010
Manipolazione del testo narrativo: la fiaba dalla prosa al verso
(da Fiabe, Einaudi, Torino)
L’imperatore sperava tanto in quei vestiti
che ancora, purtroppo, non erano finiti .
Dai sarti volle andare
e i vestiti misurare.
Si ammirò alla specchiera
e la moglie ne fu fiera .
Soddisfatto si spogliò
e al castello suo tornò.
Quando alla cerimonia andò
i vestiti nuovi indossò.
Il corteo era affollato
di persone altolocate.
Fra la folla un bambino
sì sincero e piccolino,
silenziosamente blaterava
del Signore che passava!
L’imperatore era nudo
e i truffatori se ne fecer scudo……
con le loro facce tonde
finiron presto sotto un ponte .
L’imperatore alle famiglie i soldi restituì
E la storia ……………… così finì
Noemi, Francesco, Martina, Angela, Nunzio, I A
giovedì 11 febbraio 2010
Cambio modalità inserimento commenti
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mercoledì 10 febbraio 2010
Una volpe invitò a cena una cicogna e le offrì un cibo liquido contenuto in un piatto. La cicogna, sebbene avesse molto appetito, non potè gustare nulla. Avendo essa invitato a sua volta la volpe preparò un vaso dal collo lungo pieno di cibo triturato. introducendo il becco, essa si saziava, ma la povera volpe, sebbene affamata, non potè toccare cibo. E poiché la volpe continuava inutilmente a leccare il collo del vaso, la cicogna le disse: “ognuno deve sopportare con rassegnazione ciò di cui ha dato esempio”.
L’ insegnamento è molto chiaro:se uno fa del male, c’è pericolo che lo subisca in ugual misura.
Da Fedro e la sua morale, Editrice Ponte Nuovo, Bologna
Una volpe invitò a cena una cicogna
che affamata trovò in una fogna
e finì per fare una “vergogna”.
Quella volpe di nome Rita
per nulla intenerita,
il pranzo le servì in un bel piatto
credendo che l’animale fosse matto;
allora la cicogna si bloccò
e riflettendo sussurrò:
“forse è meglio che io vada
perché lunga è la mia strada!”
La cicogna, organizzò, un po’ indignata,
un pranzo per la volpe scalmanata
e le offrì una velenosa liquirizia
per ricambiar la loro finta amicizia.
La volpe cattivella fece subito una corsa
dimenticandosi perfino della borsa .
Soddisfatta fu a quel punto la cicogna
per averla messa alla gogna,
alla volpe voleva dare una gran bella lezione
che accettare poteva, solo con rassegnazione.
Se uno fa del male
il rischio di subirlo sale.
V. Martina, B. Noemi I A, 2010
Una rana, avendo un giorno visto un bue in un prato, provò così tanta invidia che incominciò a gonfiare la sua pelle rugosa. Rivolta ai suoi figli, chiese poi se fosse più grossa del bue. Poiché quelli risposero di no, con uno sforzo maggiore, essa tese nuovamente la pelle, chiedendo chi dei due fosse più grosso. Poiché essi dissero il bue, essa, indignata, volle gonfiarsi ancora di più e giacque morta col corpo scoppiato. Il povero che vuole imitare il ricco, solitamente va in rovina.
Una rana un bel giorno in un prato andò
E per imitar il bue il suo corpo ‘‘molestò’’
La sua pelle esageratamente tese
Poi preoccupata ai figli chiese:
“Sono io la più grande
O il bue è un gigante?”
Tese e tese sempre più
E il suo corpo finì lassù.
Il povero che il ricco vuol imitare
Non può che alla sua vita rinunciare!
Classe I A, 2010
Un contadino vide un’aquila presa ad un laccio
e la liberò mostrandole i muscoli del braccio.
L’aquila così contenta e spensierata
a tutti la notizia aveva annunciato
In difficoltà poi rivide il contadino
e lo distrasse facendo la birichina.
L’aquila non mostrava malvagità
ma l’uomo la rincorreva a grande velocità!
Intanto il muro sotto il quale era sdraiato
con un sol colpo giù era crollato
così capì che l’aquila lo aveva salvato.
Il contadino rimase stupefatto
per quello che la bestia aveva fatto:
si era mostrata tanto forte
da salvarlo dalla morte.
C. Francesco, I A, 2010
Il contadino e l’aquila
Il contadino un’aquila salvò
e da un laccio la liberò
Ella, però, non si mostrò mai ingrata
e a ricambiar il favore si mostrò impegnata.
Un giorno in un prato gli prese dalla testa una fascia
e costrinse il contadino a rincorrerla con l’ascia
Il masso dove prima era seduto stava per cascare
così capì che l’aquila lo voleva sol salvare.
S. Lara, I A, 2010
Il contadino e l’aquila
Un contadino trovò un’aquila presa al laccio e, ammirato dalla sua bellezza, la sciolse, rendendone la libertà. E quella non gli si mostrò ingrata. Anzi, un giorno che lo vide seduto sotto un muro pericolante, volò verso di lui e con gli artigli gli portò via la fascia che aveva avvolta intorno alla testa. Il contadino balzò in piedi e le corse dietro; allora l’aquila glielo buttò giù. Quando l’ebbe raccolta e fu tornato indietro, l’uomo trovò che il muro presso cui stava seduto era crollato, e rimase stupefatto del modo con cui l’aquila aveva ricambiato il suo beneficio. Chi ha ricevuto del bene da qualcuno deve ricambiarlo.
(da Favole di Esopo, Bompiani, Milano)
A chiunque riceve del bene………
il coraggio di ricambiarlo viene!
Un’aquila da un contadino salvata
svolazzava in cielo spensierata
quando vide il suo salvator sotto un muro pericolante
e dal capo volle lui toglier una fascia gigante.
Il contadino, molto arrabbiato, in piedi balzò
corse, corse e corse …… e dietro le andò.
Dopo che la fascia ebbe raccolta
tornò indietro a sua volta.
e vide che il muro dove era seduto
era completamente caduto.
Così, dopo tempo, rimase stupefatto
per quello che l’aquila gli aveva fatto.
P. Costanza, L. Veronica, I A, 2010
sabato 6 febbraio 2010
Fantastico, fantasy, fantascienza
Per scaricare il file occorre copiare il seguente link nella barra degli indirizzi del browser web.
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