lunedì 16 gennaio 2012
IL LIBRO SEGRETO di Lucia Perillo 2^B
Mi trovavo in soffitta a rovistare tra vecchie cianfrusaglie, quando, spostando un polveroso appendiabiti, vidi un antico baule impolverato. Aveva rappresentato sulla parte superiore un gigantesco drago argenteo ed aprendolo,incuriosita, notai che lo stesso disegno era stato ricamato sulla copertina di uno strano libro di tessuto marrone. Credendo si dovesse trattare di un libro di magia lo aprii e iniziai a leggerlo. Le pagine erano talmente sottili che quasi sembravano strapparsi nelle mie mani,ogni tanto appariva qualche figura stilizzata che rappresentava draghi o guerre. Iniziai a leggere la prima pagina, poi la seconda,la terza, la quarta e continuai fino all’una quando mio padre mi chiamava per il pranzo.
Il libro mi appassionava sempre di più, inoltre con il passare del tempo mi aveva coinvolta talmente che scesa in cucina ero convinta di essere nel villaggio di Crillin che faceva parte della storia. Infatti il libro parlava di un piccolo villaggio che si trovava tra la catena dei Monti Urlatori e il Bosco degli Occhi di Gatto, abitato da esseri chiamati Crillin che vivevano insieme ai Draghi Argentei, abitanti dei Monti Urlatori. Ma purtroppo essendo scesa per il pranzo non avevo potuto continuato a leggere, quindi stavo fremendo per la curiosità. Finalmente circa elle due salii in soffitta. Il libro diceva che i Crillin erano un gruppo di gnomfetti (credo siano un incrocio tra folletti e gnomi) che vivevano sotto la guida di un grande saggio, l’unico a conoscere gli incantesimi scritti su un grosso libro marrone. Il Vecchio, come veniva chiamato dal suo popolo, doveva compiere trecento anni e stava per abbandonare il villaggio, lasciando il posto ad una gnomfetta molto più giovane di lui di nome Godria. Non trovando nessuna figura che rappresentasse i personaggi ero “costretta” ad immaginarli. Facendo questo mi accorsi che riuscivo a immaginare con molta facilità l’aspetto di Godria. Mentre vagavo con la mente nelle vie intricate del villaggio suonò l’orologio a pendolo del soggiorno: erano le otto e i miei genitori mi aspettavano per la cena! Decisi di non portarmi il libro in camera perché poteva cadere nelle grinfie di mia sorella e lo lasciai con dispiacere in soffitta. Nel letto, non riuscendo a dormire, ripensai alle pagine lette che parlavano di una lunga guerra avvenuta pochi anni prima nel villaggio, e degli elfi, il popolo nemico, che voleva a tutti i costi il libro di magia. Questo popolo aveva giurato di attaccare i draghi e il villaggio con la morte del vecchio e questa non tardava a venire. Infatti ogni giorno era sempre più debole e si trascinava sul tozzo bastone da passeggio. La mattina seguente, dopo aver fatto colazione, corsi in soffitta e ripresi a leggere ancora più incuriosita. Il libro diceva che lo scopo degli elfi era uccidere la bimba che doveva succedere al trono. Un giorno, purtroppo, la luce che ardeva sul Vecchio si spense e il popolo pronto a ricevere l’attacco, nascose Godria tra i Monti Urlatori insieme al cucciolo di drago che le apparteneva: Sidereus. Infatti ogni bimbo aveva il proprio drago che nasceva lo stesso giorno dell’anno prima. Gli elfi non aspettarono molto e prima del crepuscolo arrivarono al villaggio, dopo aver ucciso tutti i draghi, o meglio tutti tranne uno:Sidereus. Il piccolo drago, spaventato dai rumori della guerra, era scappato portando con sé la piccola Godria, che aveva solo cinque mesi. Mentre leggevo queste parole immaginavo di volare sulla groppa del drago e sentivo il vento che mi sfiorava il volto, riparato dalle ali di Sidereus. Poco dopo scesi per il pranzo, questa volta meno eccitata ma più pensosa, sapevo che in quel libro c’era qualcosa di strano. I capitoli successivi parlavano della guerra tra elfi e gnomfetti che durò lunghi dodici anni. Proprio quando gli gnomfetti stavano per arrendersi, Godria e il suo drago stavano volando, spensierati, sui Monti Urlatori, quando sentirono urla e rumori che, non pensandoci, mi sembrava di ascoltare. I due amici scesero all’impicchiata fra la folla di guerrieri che, riconoscendo il loro capo, si inchinò. In quel momento capii che quando leggevo mi trovavo lì, tra l’esercito,e proprio in quel momento, mentre Godria, o meglio io, avevo battuto il capo degli elfi in duello, sentii un tonfo: era il libro che mi cadeva dalle mani perché mi ero svegliata da un lungo sonno, o almeno da quello che credevo fosse un lungo sonno.